Primo luglio 2013
La Pazienza dell’Atleta...
Stefano Palazzi si
racconta, da un articolo uscito sulla rivista MODUS nel 2009.
Scuole
superiori: L’allora prestigioso Istituto Enrico Fermi.
A 16
anni, sotto la guida dell’allenatore Luciano Marcon, primi due campionati
italiani di canoa olimpica per il circolo Tirrenia Todaro.
A
18, ancora due campionati italiani.
A 19
anni l’ISEF… Scuola la mattina, il pomeriggio corsi di canoa per bambini al
Tirrenia, poi di corsa a casa per costruire canoe fino a mezzanotte.
Proverbiali
erano i colpi di sonno all’ISEF durante le lezioni teoriche.
Con
il lavoro della canoa arrivano un po’ di soldi, abbastanza per viaggiare: il
sogno di sempre diventa realtà. L’epoca è propizia: Interrail e Skytrain ci
aprono orizzonti vastissimi a quattro soldi. Tutti partono alla ricerca di
qualcosa.
Dopo
l’Europa, gli Stati Uniti e i Caraibi, il mio qualcosa lo trovo finalmente ad
Haiti dove incontro Carmelo Pettener e Stefano Landi, entrambi facenti parte di
un progetto delle Nazioni Unite in Haiti. Mi introducono al mondo dei poveri e
di quelli che per mestiere dovrebbero aiutarli:
-
Ospedale di S. Nicolas nel nord del paese, dove nessuno ha mai pagato il medico
che dopo sei mesi di attese abbandona il posto;
-
Ospedale di Anse d’Inault nel sud con sale operatorie e tutto dove nessun
medico era mai entrato;
-
programmi di sviluppo di tutti i tipi che per centinaia di ragioni non
funzionano mai.
Problemi
di gestione? Problemi di coordinamento? Problemi con i differenti governi? O
forse solo la malcelata determinazione a fare del male?
Dal
1979 al 1986 torno regolarmente ad Haiti. Nel frattempo la situazione economica
e politica del paese si fa grave fino a sfociare in una rivolta di popolo, che
come al solito si trasforma in un bagno di sangue. Vivere ad Haiti diventa
pericolosissimo. Decido su consiglio di un amico di andare in Madagascar. La
disponibilità degli abitanti e la loro situazione di particolare indigenza
danno le ali alla mia determinazione a fare qualcosa.
Le
lacrime, la vergogna, la rabbia e la tenacia dello sportivo delle lunghe
distanza, diventano il mio motore. Il vasto bagaglio di conoscenze tecniche
ricevute da mio padre prima e nel lavoro poi è la cassetta degli attrezzi. La
complicità morale della mia famiglia e l’educazione romana assurgono a
imperativo morale al Fare. Il buonsenso popolare direbbe che è inutile metter
dei bambini malati a scuola, com’è fazioso curare uno che sta morendo di fame.
La qualità dell’attenzione che una società dà ai propri bambini è indice del
suo livello di civiltà. È così che nasce l’idea di un progetto globale dove
tutti gli elementi sociali ed economici della vita di un villaggio sono uniti e
quindi sviluppati in conseguenza logica, attorno alla figura principe del
bambino.
Stefano Palazzi
Ciao Stefano, ho letto la prima parte, penso che poco alla volta scriverai anche il seguito e arriverai a descrivere tutti i lavori che hai fatto e come hai trasformato Nosy Komba e i suoi abitanti.
RispondiEliminaSai benissimo che avrei voluto il tuo scritto sul mio blog, ma appena sarà completato lo copiero e lo pubblichero'.
Un abbraccio
aldo